Viviamo in un’epoca in cui il virtuale sta soppiantando drasticamente il reale. Siamo sempre più connessi e al contempo siamo sempre più soli. Abbiamo 5000 amici virtuali e nella realtà fatichiamo a scambiare due chiacchiere con il nostro vicino in metro. Siamo tra le popolazioni più social d’Europa, passiamo fino a 90 ore al mese online ma non abbiamo più tempo per cucinare, per passeggiare, per giocare con i nostri figli. Le tecnologie aumentano, ci semplificano la vita (o così dicono), ma intanto gli italiani si ritrovano ad essere sempre più tristi e incattiviti (fonte Censis, 2018). In questo scenario siamo proprio sicuri che ciò che ci occorre è un frigo che dialoga con la macchina del caffè e una connessione per scaricare video in tempi record? Con cosa stiamo barattando questa iper-connettività, questa super velocità, questa bulimia tecnologica? A fronte dell’avvento del 5G anche Mdf si è fatto alcune domande e, mettendo insieme dati, fonti, ricerche scientifiche e autorevoli pareri, ha provato a darsi delle risposte o, per lo meno, a intavolare quel dibattito necessario per decidere liberamente e con consapevolezza che strada vogliamo prendere per il nostro futuro e per quello del Pianeta.
CHE COS’È IL 5G
Lo scorso 5 maggio l’AGCOM ha approvato la delibera (n. 231/18/CONS) che regola le procedure per l’assegnazione e le regole di utilizzo delle frequenze per il 5G. Con il termine 5G (acronimo di 5th Generation) si indicano le tecnologie e gli standard di quinta generazione nell’ambito della telefonia mobile cellulare, che permettono prestazioni e velocità superiori a quelli della tecnologia 4G che l’ha preceduta. Ma c’è chi garantisce non si tratti di una semplice evoluzione dei nostri cellulari: passando dal 4G al 5G cambierà il nostro modo di vivere.
Con l’Internet delle cose, infatti, tutto l’ambiente a noi circostante sarà costantemente connesso. H24, 7 giorni su 7, su tutto il territorio nazionale, aree rurali e naturali incluse, potremo essere connessi e scaricare intere serie tv nel giro di pochi minuti. Avremo a disposizione decine di megabit al secondo per decine di migliaia di utenti, efficienza dei segnali potenziata, 1 gigabit al secondo simultaneamente a molti lavoratori con gli uffici posti sullo stesso piano.
“Il 5G costringe a riscrivere vecchi e nuovi servizi secondo logiche nuove. È un passaggio epocale che cambierà le condizioni della nostra vita in quasi tutti i settori”. Antonello Giacomelli, ex sottosegretario alle Comunicazioni.
MA A CHE PREZZO?
Il 5G viaggia su frequenze altissime e del tutto inesplorate: mentre con il 4G si arriva al massimo a 2,6 GHz con il 5G si toccano i 27,5 GHz, con tutto ciò che ne consegue, come spiega bene il dr Agostino di Ciaula, medico Isde, esperto in materia[1].
“Il 5G, poi, opera su frequenze superiori ai 20 GHz, ben più elevate di quelle sinora impiegate dai sistemi di radiotelefonia. Già oggi esistono specifiche evidenze scientifiche preliminari, cioè studi di base effettuati su cellule in vitro e cavie animali, che dimostrano come l’esposizione a frequenze superiori ai 20 GHz possa, fra l’altro, alterare l’espressione genica. Stimolare la proliferazione delle cellule. Modificare le proprietà delle membrane citoplasmatiche e la funzionalità dei sistemi neuromuscolari. Determinare stress ossidativo. Provocare mutazioni cromosomiche. E poiché per la trasmissione dati il 5G utilizza onde millimetriche, a bassa penetrazione ambientale, richiederà l’installazione di numerosissimi microripetitori. Li vedremo spuntare ovunque, dai caseggiati ai pali della luce. E la densità espositiva subirà un forte incremento”.
Il problema di queste onde è infatti la “durata” di viaggio limitata: venendo assorbite facilmente dai terreni e non riuscendo attraversare gli ostacoli necessitano di un continuo “rilancio”. Perciò, per garantire una connessione così capillare (si parla di connettere milioni di oggetti per chilometro quadrato) è necessario installare migliaia di piccole antenne, a distanza ravvicinata, così da rilanciare il segnale proveniente da un’antenna base più grande. Lampioni della luce, strade e marciapiedi, tetti dei palazzi…[2] “L’intensità delle piccole antenne sarà inferiore a quella della stazione base”, rassicurano politici e aziende di telefonia, ma c’è chi non concorda.
Sebbene ogni singola antenna avrà infatti una potenza minore rispetto alle stazioni attuali, il numero infinitamente maggiore di cellule sparse sul territorio farà si che non esisteranno più zone libere da radio frequenze. Questo significa che la densità di campo sul territorio aumenterà in modo esponenziale e che nessuno potrà più essere immune a questa massiccia esposizione. Neanche le persone elettrosensibili, coloro che soffrono di patologie correlate all’elettrosmog o chi, per scelta, non vuole essere investito da questo bombardamento elettronico.
Ma non basta. Nelle audizioni precedenti la stesura della delibera AGCOM n. 231/18/CONS[3] si legge addirittura che alcuni operatori hanno “richiamato l’attenzione del regolatore sugli stringenti limiti alle emissioni elettromagnetiche presenti in Italia, che potrebbero porre un freno allo sviluppo degli impianti radio”, richiedendo “una revisione dell’attuale normativa” nonostante questa, sulla base di numerosissime e autorevoli evidenze scientifiche, non sia già ora assolutamente in grado di tutelare la salute umana e sia da rivedere, al contrario, in senso enormemente più restrittivo.
PRINCIPIO DI PRECAUZIONE, QUESTO SCONOSCIUTO
In Europa in teoria dovrebbe vigere il principio di precauzione[4] con cui si intende una politica di condotta cautelativa per quanto riguarda le decisioni politiche ed economiche sulla gestione delle questioni scientificamente controverse.
A tal fine, una svolta di fondamentale importanza è rappresentata dall’adozione nel 2000, da parte della Commissione UE della “Comunicazione sul principio di precauzione”, in cui si precisa che “Il fatto di invocare o no il principio di precauzione è una decisione esercitata in condizioni in cui le informazioni scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni che i possibili effetti sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possono essere potenzialmente pericolosi e incompatibili con il livello di protezione prescelto”.
La Commissione ha poi cura di precisare che l’applicazione del principio di precauzione deve inserirsi nel quadro generale dell’analisi e della gestione del rischio connesso all’esercizio di una determinata attività. Ciò che, nei fatti, richiede di definire il livello di pericolo “accettabile” per la società, sulla base dell’identificazione degli effetti potenzialmente negativi, della valutazione dei dati scientifici disponibili e dell’ampiezza dell’incertezza scientifica, ovverosia facendo riferimento a rigorosi criteri ed analisi, e non invece a semplici ipotesi o scelte politiche.
Anche in Italia, con l’entrata in vigore del nuovo Codice dell’Ambiente si è avuta consacrazione della precauzione quale principio alla base dell’insieme del diritto ambientale. Nell’articolo 301 si stabilisce infatti che “In applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione”.
Purtroppo nella pratica troppo spesso questo non avviene. Come nel caso del 5G, per cui a fronte di molteplici criticità per la salute umana e ambientale, supportate da numerose evidenze scientifiche, si è scelto comunque di proseguire con la sperimentazione prima e la commercializzazione poi di una tecnologia dai diversi lati oscuri.
GIÀ OGGI SIAMO A RISCHIO
Con la Risoluzione 1815 del 27 maggio 2011 dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, applicando il principio di precauzione ALARA (tanto basso quanto ragionevolmente possibile), si raccomanda agli stati membri di fissare soglie preventive di campi elettromagnetici che non superino gli 0,6 Volt/metro e nel medio termine ridurre questo valore a 0,2 V/m. In Italia l’ormai obsoleto Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 luglio 2003 pone i valori massimi di esposizione ai campi elettromagnetici di 6 Volt/metro, ben 30 volte superiori i limiti che l’Europa chiede di rispettare.[5]
Anche in virtù di questo, il Comitato Scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti (SCHEER) della Comunità Europea proprio quest’anno, ha affermato che il 5G “evidenzia criticità sconosciute sui problemi di salute e sicurezza. La polemica è in merito ai danni causati dalle attuali tecnologie wireless 2G, 3G e 4G.” E ancora: “Gli effetti della radiazione elettromagnetica sono stati generalmente ben studiati, tuttavia la radiazione elettromagnetica di bassa frequenza è meno studiata.” E infine: “L’esposizione ai campi elettromagnetici potrebbe influenzare l’uomo rimane un’area controversa e gli studi non hanno fornito prove chiare dell’impatto su mammiferi, uccelli o insetti. La mancanza di prove chiare per informare lo sviluppo delle linee guida sull’esposizione alla tecnologia 5G lascia aperta la possibilità di conseguenze biologiche non intenzionali”.
5G, A QUALI PERICOLI SI STA SOTTOPONENDO LA POPOLAZIONE?
Il mondo accademico è diviso sulla pericolosità delle onde elettromagnetiche sull’uomo: da una parte ingegneri e fisici riconoscono un effetto termico pericoloso, se per esempio teniamo il cellulare all’orecchio per troppo tempo; dall’altra biologi, oncologi e epidemiologi si battono perché vengano riconosciuti anche gli effetti non-termici, ovvero quelli sulle nostre cellule[6].
A tal proposito, nel 2018 sono stati pubblicati due importanti studi, durati dieci anni.
- Il Dipartimento per la Sanità americano ha finanziato con 25 milioni di dollari il National toxological program (Ntp) dove 7mila topi da laboratorio sono stati sottoposti per tutta la vita a radiazioni corrispondenti all’intensità solo del 2G e 3G.
- L’Istituto Ramazzini di Bologna ha portato avanti la stessa ricerca, finanziata con contributi di privati cittadini, ma usando frequenze più basse, corrispondenti a 50 Volt/metro (il picco a cui si può arrivare in Italia per rispettare la media giornaliera di 6volt/metro)[7].
Entrambi gli studi sono arrivati alle stesse conclusioni. Ovvero un aumento ‘statisticamente rilevante’ del numero dei tumori, rarissimi schwannomi, al cervello e al cuore correlato a queste frequenze.
“Bisogna agire in fretta, fermare l’avanzata del 5G e informare adeguatamente la popolazione sui rischi”, ha affermato Fiorella Belpoggi, direttrice della ricerca all’istituto Ramazzini.
Intanto, anche alla luce di questi due nuovi studi, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms (Iarc), sta rivedendo la classificazione delle onde elettromagnetiche che presto dalla categoria di “possibili cancerogeni”, come dichiarato nel 2011, potrebbero approdare a quella di “probabili cancerogeni”.
Da nuove evidenze scientifiche si scopre infatti un “aumento del rischio di tumori del cervello, del nervo vestibolare e della ghiandola salivare sono associati all’uso del telefono cellulare. Nove studi (2011-2017) segnalano un aumento del rischio di cancro al cervello dovuto all’uso del telefono cellulare. Quattro studi caso-controllo (2013-2014) riportano un aumento del rischio di tumori del nervo vestibolare. Preoccupazione per altri tumori: mammella (maschio e femmina), testicolo, leucemia e tiroide. Sulla base delle prove esaminate, è nostra opinione che l’attuale classificazione delle radio frequenze come cancerogeno per l’uomo (Classe 2B) dovrebbe essere aggiornata a cancerogenico per gli esseri umani (Classe1)”[8].
NON DI SOLO CANCRO SI MUORE
Il cancro non è però l’unico “effetto collaterale” di queste nuove tecnologie. Come spiega il dr Agostino Di Ciaula, pres. del Comitato scientifico di Isde:
“dal punto di vista epidemiologico il cancro è forse il minore dei problemi, seppur grave. Molto più frequente potrebbe essere la possibilità di conseguenze più subdole ma meglio documentate, come quelle neurologiche e riproduttive. Queste non portano alla morte ma hanno un peso sanitario e sociale elevatissimo, specie se iniziano a manifestarsi in età pediatrica”.
Da uno studio effettuato su un campione di ratti esposti a 2.45 GHz per 2 ore al giorno per 40 giorni si evincono infatti gli effetti drammatici anche di queste frequenze più basse. Frequenze, è bene ribadirlo, attive in questa prima fase d’implementazione del 5G ma che già dall’anno prossimo, probabilmente, aumenteranno fino all’utilizzo di frequenze superiori a 20 GHz.
“Non siamo ratti ma il nostro sistema nervoso è funzionalmente molto simile al loro, pur essendo molto più complesso. L’area encefalica sulla quale sono stati dimostrati gli effetti è la stessa sulla quale agiscono, soprattutto nei bambini, molti pesticidi e, in parte, l’inquinamento atmosferico, generando una potenziale sinergia negativa e estremamente preoccupante. Il rischio è quello di ridurre le capacità intellettive che consentirebbero alle future generazioni di risolvere i problemi che NOI gli stiamo causando. Come i ratti di questo studio non potremo scappare dalle nostre gabbie per evitare l’esposizione, considerata la capillare proliferazione di microripetitori e l’obiettivo del milione di devices connessi al 5G per ogni Km2. C’è la possibilità che queste siano solo inutili e orrende fantasie allarmistiche anche se, purtroppo, basate su solide evidenze scientifiche. Il problema è che non ci sarà la possibilità di verificarle o smentirle perché l’implementazione è già in atto e la gestione monopolistica del MISE non ci ha concesso gli strumenti adeguati per valutare questi aspetti. Questo è ciò che si chiede: non una crociata contro il 5G ma, semplicemente, l’essere messi in condizione di tutelare al meglio la salute pubblica in termini di monitoraggio, di riduzione delle esposizioni, di tutela delle fasce più vulnerabili della popolazione, di rispetto delle evidenze scientifiche disponibili”.
ISDE: il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità su cellulari e cancro è inadeguato
“L’Istituto Superiore di Sanità ha recentemente pubblicato un rapporto nel quale si ritiene che “l’uso comune del cellulare non sia associato all’incremento del rischio di alcun tipo di tumore cerebrale” e che “nell’insieme gli studi sperimentali su animali non mostrano evidenza di effetti cancerogeni dell’esposizione a RF, né effetti di promozione della cancerogenesi dovuta ad altri agenti chimici o fisici”.
Con il documento “Esposizione a radiofrequenze e cancro: considerazioni sul rapporto ISTISAN 19/11” si spiegano le motivazioni per le quali ISDE ritiene che il rapporto dell’ISS sia inadeguato a garantire al meglio la salute pubblica.
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ELETTROSENSIBILI, CHI?
Un ulteriore rischio per la salute pubblica causato dal 5G è l’elettrosensibilità. Già nel 2004 l’Organizzazione mondiale della sanità ha organizzato a Praga un convegno sull’elettrosensibilità, una sindrome altamente invalidante e fortemente in crescita nei paesi occidentali e industrializzati, malattia definita come «… un fenomeno in cui gli individui avvertono gli effetti avversi sulla salute quando sono in prossimità di dispositivi che emanano campi elettrici, magnetici o elettromagnetici».
L’elettrosensibilità è poi dimostrata in quattro studi (Rea 1991 Havas 2006, 2010, McCarty et al. 2011) in cui è possibile identificare persone con ipersensibilità elettromagnetica e dimostrare che possono essere testati usando risposte obiettive, misurabili, dimostrando che questi cittadini sono realmente ipersensibili se confrontati con i normali controlli; ci sono veri e propri cambiamenti fisiologici nei soggetti con elettrosensibilità e diverse ricerche (De Luca, Raskovic, Pacifico, Thai, Korkina 2011 e Irigaray, Caccamo, Belpomme 2018) hanno dimostrato che le persone elettrosensibili hanno alti livelli di stress ossidativo e una prevalenza di alcuni polimorfismi genetici, che potrebbero suggerire una predisposizione genetica.
I ricercatori stimano che circa il 3 per cento della popolazione mondiale ha gravi sintomi associati alla elettrosensibilità, mentre un altro 35 per cento della popolazione ha sintomi moderati come deficit del sistema immunitario o malattie croniche, mentre in Italia la sindrome è stata riconosciuta dalla regione Basilicata secondo la decodifica ICD9-CM e ricompresa nell’elenco delle malattie rare con delibera di giunta n. 1296 del 15 ottobre 2013. Ma sebbene la questione sia ormai acclarata e di indubbia diffusione, la politica attuale ha deciso consciamente di non tenerne conto.
SIAMO TUTTI CAVIE?
Le “sperimentazioni” su tutto il territorio nazionale sono già partite e ai primi 120 piccoli comuni [9], capofila a loro insaputa di questo esperimento [10], ora si sono aggiunte anche le città più grandi: Milano con i 28 comuni della sua area metropolitana, Roma, Torino, Bologna e Napoli.
“Abbiamo appreso dalla stampa locale che sul territorio del nostro comune sarà avviata la sperimentazione della tecnologia di comunicazione 5G – si legge sulla lettera inviata da Franca Biglio, sindaco di Marsaglia e presidente dell’Associazione Nazionale Piccoli Comuni di Italia (ANPCI), al Prefetto – Premesso che non comprendiamo quali siano stati i criteri con i quali i comuni sono stati scelti, rileviamo, ancora una volta, che noi piccoli comuni continuiamo a subire scelte imposte dall’alto senza alcuna preventiva informazione prevista dal principio di collaborazione istituzionale sancito dalla Costituzione. Ciò premesso, mi preme, ancor di più, segnalare i rischi socio sanitari che deriverebbero da tale tecnologia, dato che attendibili e qualificati studi medico – scientifici nazionali ed internazionali attestano la potenziale nocività per la salute umana delle onde elettromagnetiche emesse da tecnologie di comunicazioni senza fili, con rischi per il sistema neurologico, immunitario, endocrinologico, un aumento dei fenomeni tumorali e di elettro sensibilità nella popolazione. Pertanto, ai sensi dell’art. 50 comma 5 del TUEL, ritengo doveroso informarLa che nella mia veste di responsabile sanitario locale attiverò tutte le misure necessarie al fine di eliminare qualsiasi minimo rischio per la salute della popolazione, con l’auspicio che l’Istituzione da Lei rappresentata possa mettere in atto tutte le procedure tecno-giuridiche necessarie per la tutela dei cittadini”.
Una presa di posizione forte che si scontra con quanto imposto dall’alto. Non solo dal Governo che preme per la diffusione della nuova tecnologia ma anche dall’Agcom, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che nel bollettino di gennaio 2019 [11] afferma che, al fine di “mantenere e ampliare i livelli di concorrenza nei mercati delle telecomunicazioni mobili e fisse” è necessaria la “rimozione degli ostacoli non necessari” così come richiesto anche dall’attività di segnalazione consultiva sullo sviluppo delle reti 5G. insomma, che nessuno osi ostacolare la rete di nuova generazione!
Inizialmente sono oltre 4 milioni gli italiani esposti a campi elettromagnetici ad alta frequenza, con densità espositive e frequenze sino ad ora inesplorate su così ampia scala. Dopo settembre l’operazione avrà invece respiro nazionale. Sottovalutare o ignorare il valore delle evidenze scientifiche disponibili non appare eticamente accettabile. Come osservato da Lorenzo Tomatis, questo
“equivale ad accettare che un effetto potenzialmente dannoso di un agente ambientale può essere determinato solo a posteriori, dopo che quell’agente ha avuto tempo per causare i suoi effetti deleteri”.
UNA MORATORIA PER CHIEDERE LO STOP DELLA SPERIMENTAZIONE
Per tutti questi motivi l’Associazione di medici ambientali ISDE ha fatto richiesta di “una moratoria per la sospensione delle sperimentazioni 5G su tutto il territorio nazionale[12] sino a quando non sia adeguatamente pianificato un coinvolgimento attivo degli enti pubblici deputati al controllo ambientale e sanitario (Ministero Ambiente, Ministero Salute, Ispra, Arpa, Dipartimenti di prevenzione), non siano messe in atto valutazioni preliminari di rischio secondo metodologie codificate e un piano di monitoraggio dei possibili effetti sanitari sugli esposti, che dovrebbero in ogni caso essere opportunamente informati dei potenziali rischi”.
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L’APPELLO DEGLI SCIENZIATI
Già nel 2017 oltre 170 scienziati indipendenti avevano lanciato un appello per fermare il 5G. tra i primi firmatari Rainer Nyberg, EdD, professore emerito della Åbo Akademi in Finlandia, e Lennart Hardell, docente al Dipartimento di Oncologia della Facoltà di medicina di Orebro in Svezia. Poi sono seguite le firme di altre decine e decine di scienziati. L’appello continua a chiedere alle istituzioni dell’Unione Europea di bloccare lo sviluppo di questa tecnologia in attesa che si accertino i rischi per la salute per i cittadini europei. E lo fa con il pieno sostegno dell’associazione AMICA, l’Associazione per le Malattie da Intossicazione Cronica e/o Ambientale che da anni si batte su questo fronte.
“Noi sottoscritti, più di 180 scienziati e medici provenienti da 37 paesi, proponiamo una moratoria per il roll-out della quinta generazione della telecomunicazione, fino a quando i potenziali pericoli per la salute umana e l’ambiente saranno stati completamente studiati da scienziati indipendenti dall’industria. La tecnologia 5G aumenterà notevolmente l’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF-EMF) rispetto alla 2G, 3G, 4G, Wi-Fi, ecc. già esistenti. RF-EMF sono state dimostrate dannose per l’uomo e per l’ambiente. La 5G porta ad un massiccio aumento dell’esposizione alle radiazioni wireless La tecnologia 5G è efficace solo a breve distanza.
E’ scarsamente trasmessa attraverso materiale solido. Molte nuove antenne saranno necessarie e l’implementazione su larga scala comporterà antenne ogni 10-12 case nelle aree urbane, aumentando così massicciamente l’esposizione
obbligatoria. Con “l’uso sempre più ampio delle tecnologie wireless”, nessuno può evitare di essere esposto. Perché oltre il numero aumentato di trasmettitori a 5G (anche all’interno di abitazioni, negozi e negli
ospedali) secondo le stime, “da 10 a 20 miliardi di onnessioni” (frigoriferi, lavatrici, telecamere di sorveglianza, autovetture e autobus, ecc. .) saranno parti del cosiddetto “Internet of Things”. Tutto ciò sicuramente porta ad un notevole aumento dell’esposizione complessiva a lungo termine di RF-EMF a tutti i cittadini dell’UE”.
POTETE SCARICARE IL DOCUMENTO “EU 5G Appeal” INTEGRALE QUI.
QUALI RISCHI PER L’AMBIENTE?
Agli effetti diretti dell’emissione elettromagnetica del campo elettrico di milioni di mini-antenne a microonde millimetriche posizionate a distanza di pochi metri l’una dall’altra su lampioni, tombini e marciapiedi, si sommeranno quelli indiretti. E tra questi vi potrebbe essere la distruzione sistematica degli alberi che intralciano la propagazione delle onde. Come abbiamo già visto, infatti, gli alberi – soprattutto quelli più alti di 5 metri – impediscono una buona irradiazione del segnale 5G.
Un’affermazione che da più parti è stata etichettata come “bufala” o “fake news” ma che trova conferma, ad esempio, in due documenti ufficiali del governo inglese pubblicati l’Ordnance Survey, l’ufficio che si occupa della mappatura del territorio. Il primo si intitola “Pianificazione 5G, considerazioni geo-spaziali – una guida per i pianificatori e le autorità locali”[13]. Il secondo: “L’effetto delle costruzioni e dell’ambiente naturale sulle onde radio millimetriche”[14], ovvero il 5G.
In questi documenti si legge che “oggetti della vegetazione, ovvero alberi e arbusti con un denso fogliame, provocano un disturbo nella propagazione del segnale oltre i 6 Ghz”. Il documento, poi, presenta diversi esempi pratici, illustrati con fotografie. Indicando uno stadio, dice: “Questa zona ha due Il governo inglese: gli alberi ostacolano il 5G aspetti interessanti, che dovrebbero essere presi in considerazione come ostacoli potenziali per le trasmissioni”. Il primo: “Le torri di supporto all’esterno dello stadio, che sono fatte con una complessa struttura di acciaio”. Il secondo: “La passeggiata sulla sinistra, che è adornata di alberi che possono bloccare i segnali in partenza dalla struttura dello stadio”. Altro esempio, viale alberato: “In questa strada residenziale c’è una grande quantità di alberi, che bloccano chiaramente il percorso per le antenne che potrebbero venir collocate sui lampioni”. Quale sarebbe quindi la soluzione? Abbattere milioni di alberi? [15] [16] Fondamentali presidi nel contrasto al dissesto idrogeologico, al surriscaldamento e alle emissioni di anidride carbonica, ma scomodi intralci per la diffusione delle nuove frequenze 5G che, è bene ribadirlo, copriranno l’intero territorio nazionale nel 98% del suolo pubblico? Non solo smart city, ma anche parchi, aree naturali, zone rurali e perfino centri con scarsa densità abitativa. Un vero e proprio tsunami elettromagnetico da cui sarà impossibile restare immuni.
SOLDI, SCHIAVITÙ E GUERRE
Questa rete non viaggia solo nell’etere, per attrezzarla sono necessari degli hardware. Parliamo di plastiche e di metalli sempre più rari sul nostro pianeta. Quali sono le garanzie che l’estrazione dei metalli necessari a questa tecnologia non siano fonte di inquinamenti ambientali e di sfruttamento del lavoro, anche e soprattutto minorile? Nessuna.
Il caso del coltan è ormai tristemente famoso. Il minerale indispensabile per i nostri smartphone è estremamente raro, si estrae nelle miniere del Congo e di pochi altri paesi, controllate per lo più dai signori della guerra che tramite questo business danno “lavoro” a milioni di schiavi. La manodopera della disperazione, del resto, è semplice da “creare”. Basta razziare nelle province vicine, uccidere, violentare. La gente scapperà e andrà a scavare proprio per il “Signore della guerra” che controlla il coltan[17].
E che dire delle plastiche? Dannose in tutto il loro ciclo di vita: dal petrolio che le origina, conteso anche col sangue e sottratto goccia dopo goccia alle generazioni future, allo smaltimento che segue.
Paralleli ai costi ambientali/sociali viaggiano quelli economici riversati sulla popolazione. È verosimile ritenere che molte persone, per non sentirsi escluse dalla società, faranno qualunque cosa per accaparrarsi l’ultima tecnologia connessa al 5G, impoverendosi ulteriormente sia dal punto di vista economico che relazionale.
SICUREZZA INFORMATICA, ADDIO?
Timori e preoccupazioni arrivano anche dal mondo dei servizi di polizia e di intelligence che avvertono che lo sviluppo del 5G potrebbe complicare, se non rendere impossibile, l’attuale tracciamento delle comunicazioni, l’intercettazione e la localizzazione, strumenti essenziali nella lotta contro criminali e terroristi. Ma non solo: i sistemi digitali saranno più vulnerabili di fronte alla minaccia cyber, più criptici e indecifrabili e i vuoti normativi da colmare sono in quest’ottica tantissimi[18].
GLI STOP DAL RESTO DEL MONDO
A fronte di così tante incertezze e criticità, per fortuna, c’è chi dice no. Per esempio la ministra regionale Céline Fremault che proprio in questi mesi ha deciso di bloccare il 5G nella capitale belga, che doveva essere la città apripista in Belgio. E invece Bruxelles è diventata la prima a bloccare la più avanzata tecnologia per l’Internet ultraveloce.
“Sto lavorando al dossier da luglio, tenendo in considerazione una serie di indicatori sanitari essenziali ma oggi mi è chiaro che per me è impensabile consentire l’arrivo di questa tecnologia se non posso garantire il rispetto degli standard che proteggono i cittadini, con o senza 5G. I cittadini di Bruxelles non sono cavie, non posso vendere la loro salute a prezzo di mercato (…) Prima di avanzare nell’iter legislativo per consentirne l’implementazione, voglio la garanzia tecnica che le antenne 5G non superino gli standard di emissione che propongo per proteggere la nostra salute. Al momento non è così”, ha detto Fremault[19].
La decisione della ministra, ha spiegato lei stessa, è stata presa sulla base del lavoro di una commissione di esperti, del Consiglio economico e sociale (CESRBC), del governo della Federazione Vallonia-Bruxelles, del Consiglio di Stato, e del parere del Consiglio dell’ambiente (CERBC) ed è legata al fatto che al momento è impossibile, come scrive L’Echo, valutare le emissioni delle antenne che utilizzano questa tecnologia vista “la mancanza di informazioni tecniche”.
Ma non solo il Belgio si sta muovendo in quest’ottica, anche tre cantoni federali svizzeri hanno firmato una moratoria per bloccare il 5G. Al Wireless technology Symposium di Toronto[20] (Canada), gli esperti hanno discusso sulle prove per gli effetti nocivi sulla salute derivabili dal 5G, mentre in Ontario medici e scienziati si sono detti apertamente preoccupati alle autorità di governo.
Sempre dall’America arriva anche la notizia che lo Stato della Louisiana[21], per scongiurare pericoli sulla salute, hanno approvato uno studio medico-scientifico per valutare le possibili ripercussioni sui cittadini…
“considerando che la tecnologia 5G è destinata ad aumentare notevolmente la capacità dei dispositivi e connettività, ma può anche comportare rischi per l’ambiente a causa di un aumento delle frequenze e delle esposizione alle radiazioni; considerando che è necessario uno studio per esaminare i vantaggi e i rischi associati alla tecnologia 5G, con particolare attenzione all’impatto ambientale e ai potenziali effetti correlati; che la tecnologia 5G richiede mini-antenne da posizionare a breve distanza, più vicine alle persone rispetto alle antenne già esistenti; che il 5G funzionerà in combinazione con l’infrastruttura tecnologica 3G e 4G; che il settore assicurativo può aver posto esclusioni nelle politiche di esenzione danni causati da questa tecnologia e che taluni fabbricanti forniscono avvertenze ai consumatori in merito all’utilizzo di dispositivi che utilizzano questa tecnologia”.
LE REAZIONI ITALIANE
Sebbene in sede parlamentare sia il documento con il quale circa 180 scienziati e medici di 35 Paesi hanno voluto sottolineare i rischi del 5G[22], sia la richiesta di moratoria avanzata da ISDE a livello nazionale[23] e internazionale[24] siano rimasti inascoltati, nel resto del Paese qualcosa si muove.
A vario titolo istituzionale, tra Regioni, Province e Comuni si contano circa 50 amministrazioni in cui – all’indomani della Risoluzione di Vicovaro – sono state approvate delibere per la moratoria sul 5G, mozioni ispirate al principio di precauzione oppure sono state presentate interrogazioni regionali, provinciali o comunali da vari consiglieri con l’intento di approfondire i lati oscuri dell’Internet delle cose, mentre ben sette interrogazioni sono state presentate alla Camera dei Deputati e in Senato da parlamentari appartenenti a diversi schieramenti politici[25].
Infine numerose sono state anche le diffide all’adozione del 5G sottoscritte da cittadini, comitati e associazioni rivolte ai membri del Governo e/o ai Sindaci in qualità di massima autorità sanitaria sul territorio, senza contare gli esposti per la prevenzione di eventuali danni alla salute già prodotti presso alcune Procure della Repubblica.
MOZIONE STOP 5G ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
L’atto politico più importante sinora intrapreso resta comunque una recente mozione presentata a Montecitorio[26] da cinque deputati (Sara Cunial, Silvia Benedetti Gloria Vizzini, Veronica Giannone e Schullian Manfred) per chiedere una moratoria sul 5G. La mozione evidenzia l’opacità della cd. Commissione internazionale sulla Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP), un organismo privato con sede in Germania già al centro di ripetuti scandali per i conflitti d’interessi, coinvolto però dall’OMS nel parere per la redazione delle “Linee guida sulla protezione della popolazione mondiale dall’esposizione alle radiofrequenze e microonde”.
Richiamando l’adozione di giudizi indipendenti slegati dall’industria telefonica, i parlamentari hanno impegnato l’esecutivo a “integrare i contratti d’asta da stipulare e/o già stipulati con l’industria aggiudicataria delle nuove bande 5G con l’inserimento di una clausola per un contributo risarcitorio per eventuali danni cagionati sulla salute della popolazione”, facendolo “portavoce in sede comunitaria per l’annullamento immediato, nell’ottica della protezione della salute pubblica dai campi elettromagnetici, di qualunque riferimento a valutazioni e/o pareri espressi” dall’ICNIRP, promuovendo “la ricerca di tecnologie più sicure, meno pericolose ed alternative al wireless come il cablaggio e il Li-Fi che, quest’ultimo non utilizzando radiofrequenze ma lo spettro della luce solare, hanno indubbi vantaggi e possono superare le criticità date dal 5G”.
CONNESSI SÌ, MA ALLA VITA!
Alla luce di tutto questo, come Movimento per la Decrescita Felice, non possiamo che condividere chi da tempo è impegnato nel chiedere maggiori garanzie e tutele per la salute dei cittadini e per l’ambiente e unirci alla richiesta di moratoria sulla sperimentazione in corso. Mdf ha sempre auspicato un rapporto sano con le nuove tecnologie, tecnologie che dovrebbero sempre essere al servizio della collettività e fonte di benessere per tutti. Se per l’ennesima volta con progresso non s’intenderà altro che asservimento degli interessi di tutti, al mercato e all’interesse di pochi, quale potrà mai essere il suo valore aggiunto? Barattare la nostra salute, l’ambiente che ci circonda e che ci nutre, la nostra casa e la nostra vita, con l’opportunità di connettere la macchina del caffè con la sveglia, scaricare video in pochi istanti e navigare ovunque, è uno scambio a perdere. E non c’è bisogno di aspettare la fine della sperimentazione per sapere questo. Gli effetti di questa iper-connettività sono già ampiamente sotto i nostri occhi. E allora rallentiamo, invece di accelerare, rifiutiamo l’ennesimo bisogno indotto, l’ennesimo consumo comodo ma inutile, per riconnetterci con noi stessi e con gli altri in modo più autentico e felice.